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L'UCCISIONE DEL MAIALE

 03 GEN 14  - SCRITTO DA PRO LOCO

L'uccisione del maiale, costituisce ancora oggi a San Marco Argentano e nella Valle dell'Esaro una delle tradizioni più sentite e praticate malgrado le viggenti leggi in materia igienico-sanitaria abbiano introdotto severe procedure per il macello domestico dell'animale. Infatti molte famiglie continuano a ripetere anno dopo anno questa tradizione, non tanto per la necessità di produrre cibarie per sfamare la famiglia, ma proprio per mantenere viva questa tradizione.
Il cosiddetto "tiampu di puarci" (intervallo di tempo per l'uccisione del maiale) va da inizi Dicembre a metà Febbraio; è tradizione chiamare gli amici e i vicini di casa per farsi aiutare nell'uccisione del maiale, anche se questi sono in esubero rispetto alla manodopera richiesta: ciò avviene perchè tradizionalmente l'uccisione del maiale era ed è un momento per stare in compagnia e in allegria. Infatti l'usanza vuole che tutte le persone intervenute la mattina per l'uccisione dell'animale -oltre a consumare un'abbondante colazione fatta di rape, insaccati dell'anno precendente, pipazzi arraganati e altre cibarie la mattina- si ritrovino la sera intorno ad un tavolo per "festeggiare" questo avvenimento consumando i primi prodotti freschi di macello del maiale, detto "u suffrittu" preparato in vari modi secondo le singole tradizioni familiari. Il giorno seguente, di buon ora, si inizia con il macello e con la produzione di carne trita accuratamente speziata che insaccata negli intestini del maiale, e dopo una meticolosa stagionatura, diventerà salsiccia o sopressata. Il terzo giorno invece avviene la cottura del grasso del maiale (il principio dell'uccione del maiale è quello di non buttar via niente) tradizionalmente cotto per ore in un grande pentolone in cui vengono cotti assieme "i frittuli" (le cotiche) e le ossa del maiale con piccoli pezzetti di carne rimasti attaccati che durante la cottura si staccheranno dalle ossa per formare i famigerati "scarafuagli".

Tantissimi sono i prodotti provenienti dall'uccisione del maiale: capicolli, braciole, fettine e bistecche varie, costine, nduja, gelatina e decine di altri prodotti e varianti che cambiano da famiglia in famiglia.
Questa costituisce una delle tradizioni più antiche, conservate e conosciute dell'intera Calabria, i cui prodotti genuini sono motivo di forte attrazione per il turismo eno-gastronomico.

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